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Massimo Gallo

CONTRO IL TERZO REICH

I membri della Rosa Bianca. Da sinistra: Hans Scholl (1918-1943), Sophie Scholl e Christoph Probst (1919-1943)

CONTRO IL TERZO REICH

La RESISTENZA tedesca al nazismo fu in larga parte caratterizzata da azioni individuali e non violente.

La resistenza al nazismo in Germania non divenne mai un fenomeno organizzato e di massa come quello italiano contro il fascismo, ma furono comunque molti tedeschi che si opposero al regime hitleriano. Durante la Seconda guerra mondiale il Terzo Reich condannò infatti a morte migliaia di oppositori politici, laici e religiosi.

Le due principali chiese tedesche, evangelica e cattolica, anche se non assunsero un atteggiamento di aperta opposizione, videro esponenti di spicco del clero ribellarsi fin da subito e combattere una lunga guerra di logoramento contro il nazismo. Lo storico britannico Alan Bullock ha sottolineato in particolare il ruolo di due religiosi: il cardinale di Münster, Clemens August von Galen, che dal pulpito pronunciava infuocate omelie contro Hitler, e il vescovo di Rottenburg, Joannes Baptista Sproll. Quest’ultimo sostenne l’incompatibilità tra il cristianesimo e il nazionalsocialismo e si batté contro il programma nazista di eutanasia.

EROI SCONOSCIUTI

Nell’edificio di Berlino che al tempo di Hitler ospitava la sede della Wehrmacht è stato aperto alla fine degli Anni ’60 un museo interamente dedicato agli oppositori del Terzo Reich. Molti di essi furono autori di attentati contro il Führer e le Ss, altri rischiarono la vita cercando di nascondere gli ebrei o di farli fuggire all’estero. Le sale del museo berlinese raccontano grandi storie di resistenza nonviolenta, come quella del Gruppo di Kreisau, il circolo di intellettuali di ispirazione cristiana che provò a immaginare un futuro diverso per la Germania, e delle donne di Rosenstrasse, che nel 1943 salvarono migliaia di ebrei con un’audace protesta a Berlino.

AZIONI ESEMPLARI

Tante sono le persone da ricordare: Franz Jägerstätter, il contadino che venne condannato a morte per aver rifiutato l’arruolamento; Otto Wiedt, l’anziano fabbricante di spazzole che fece di tutto per salvare i suoi lavoratori ebrei dalla deportazione; Helmuth Hübener, il diciassettenne che esortò i connazionali a prendere posizione contro il nazismo e fu condannato a morte nonostante la giovane età.

Tra coloro che cercarono di scuotere il popolo tedesco di fronte all’orrore nazista ci furono gruppi studenteschi come gli Edelweisspiraten (i “Pirati della stella alpina”), una rete di giovani provenienti dalla classe operaia che, stando alle stime della Gestapo, alla vigilia della guerra riunivano oltre un migliaio di attivisti in tutta la Germania e si dedicarono a piccoli atti di sabotaggio.

RIMOZIONE

Eppure appena quarant’anni fa, nel 1984, un sondaggio svolto tra i cittadini della Germania federale rivelò che oltre il 60% dei giovani di età inferiore ai 30 anni ignorava che erano stati compiuti atti di resistenza civile o militare al nazismo.

«Il tema della colpa collettiva imposto dagli equilibri della Guerra Fredda aveva innescato un’opera di rimozione che escludeva a priori l’esistenza di 2un’altra Germania” capace di ribellarsi al Terzo Reich», spiega lo storico dell’Università di Bologna Mirco Carrattieri. «Soltanto negli ultimi decenni si è compreso appieno quanto fosse diffusa e importante la resistenza di intellettuali e artisti, di studenti e operai».

DISERZIONE

In tempi recenti, nonostante la scarsità di fonti documentarie e archivistiche, la ricerca storica ha esplorato a fondo anche il tema dei disertori tedeschi nella Seconda guerra mondiale, ovvero quei soldati che si ribellarono all’idea distorta di patria inculcata dal nazismo e che passarono dalla parte del nemico. Stando agli studi più recenti furono almeno 300mila i soldati tedeschi che disertarono sui vari fronti di guerra tra il 1939 e il 1945. Circa 35mila di essi furono sottoposti a procedimenti penali che si conclusero spesso con la condanna a morte. Soltanto in Italia sono stati stimati almeno 10mila casi di diserzione da parte di soldati della Wehrmacht, pari a circa l’1% delle truppe naziste impegnate nel nostro Paese.

«È un fenomeno che creava imbarazzo e per questo è stato a lungo ignorato e disconosciuto. Disertare in Italia fu una scelta particolarmente drammatica perché significò passare dalla parte del nemico traditore», prosegue Carrattieri, che ha curato il recente volume Partigiani della Wehrmacht. Disertori tedeschi nella Resistenza italiana (Le piccole pagine). Utilizzando atti giudiziari italiani, memorie e carteggi privati, fonti alleate e atti delle commissioni postbelliche, il libro ricostruisce la storia di quei soldati del Terzo Reich che abbandonarono Hitler passando dalla parte della Resistenza. Talvolta assumendo anche posizioni di comando, come il capitano della marina militare tedesca Rudolf Jacobs, che si unì ai partigiani della Brigata Garibaldi “Ugo Muccini” e guidò numerose azioni resistenziali prima di essere ucciso in combattimento in Lunigiana, il 3 novembre 1944.

SIMBOLI

Due anni prima, nel 1942 – mentre le truppe del Terzo Reich arrancavano sul fronte russo – sui muri del centro di Monaco di Baviera comparvero una serie di slogan scritti con il catrame: “Abbasso Hitler” e “Libertà”. Nelle università e nei luoghi pubblici delle principali città tedesche iniziarono a circolare volantini che intendevano sensibilizzare l’opinione pubblica tedesca contro il regime. Fogli che raccontavano le sconfitte militari e gli orrori che si stavano consumando ai danni degli ebrei ed esortavano i tedeschi alla diserzione e al sabotaggio.

     A sfidare il regime era un gruppo di giovani universitari, i fratelli Sophie e Hans Scholl, Willi Graf, Christoph Probst, Alexander Schmorell e un professore di filosofia, Kurt Huber. Erano i principali animatori del gruppo della Rosa Bianca (Weiße Rose), un’organizzazione che voleva risvegliare le coscienze dei tedeschi in tempo di guerra. Tra il 1942 e il 1943, gli attivisti della Rosa bianca diffusero clandestinamente in Germania e in Austria 6 opuscoli con messaggi di ribellione contro il nazismo, colpevole di condurre il Paese alla rovina. Non erano mossi da un’ideologia politica, ma da una profonda fede cristiana. Nel 1943 furono arrestati e processati dal Tribunale del popolo. Vennero giustiziati, ma il loro nome è diventato il simbolo della resistenza nonviolenta.

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