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EPICURO – IL FILOSOFO DEL GIARDINO [SECONDA PARTE]

LA CITTÀ DEI FILOSOFI – Atene fu la sede delle principali scuole filosofiche del mondo greco

EPICURO – IL FILOSOFO DEL GIARDINO [SECONDA PARTE]

Filosofo a pieno diritto

Verso i trent’anni, ormai completamente formato come filosofo, Epicuro decise di muovere i primi passi da solo e di aprire una propria scuola a Mitilene, nell’isola di Lesbo. Tuttavia l’ostilità degli abitanti e dei discepoli di Aristotele, che si erano insediati lì da tempo, fece sì che l’accademia venisse chiusa. Epicuro andò allora a Lampsaco, nella regione di Troia, dove si circondò del suo primo gruppo di seguaci tra i quali, oltre ai fratelli e gli schiavi, figurava Ermarco, che si era unito a lui da Mitilene. Inoltre c’erano pure Leonteo e la moglie Temista, appartenenti a una raffinata famiglia di Lampsaco; Polieno e l’amante, la famosa meritrice Edea, e ancora Colote e il giovane Pitocle. Epicuro rispettava tutti loro indipendentemente dal genere, dell’orientamento sessuale e dallo status sociale o economico. Una volta abbandonata Lampsaco, si lasciò dietro un buon ricordo, e una vera “famiglia” che gli sarebbe rimasta fedele per tutta la vita.

Il Giardino di Atene

Quando aveva trentacinque anni Epicuro decise di tornare ad Atene. Comprò un terreno nei dintorni della città, vicino all’Accademia di Platone, e vi fondò la propria scuola, a cui diede l’evocativo nome di Giardino. All’ingresso fece apporre quest’iscrizione: <<Ospite, qui starai molto bene; qui il sommo bene è il piacere>>.

Ma il Giardino di Epicuro non era un eden paradisiaco in cui i discepoli languivano sotto le palme tra piaceri raffinati. In realtà, visitando la scuola, ci s’imbatteva in un orticello attorno a una casa, nel quale si coltivavano diversi tipi di verdure all’ombra di un ulivo o di un fico. L’orto semiurbano era l’espressione naturale del tipo di felicità a cui aspirava Epicuro, ovvero che tutto fosse gradevole ai sensi, ma anche utile. In tal modo chiunque si sarebbe preparato ai tempi di carestia, non troppo rari ad Atene.

Nel Giardino si coltivava soprattutto l’amicizia che, come proclamava il filosofo, <<circonda della sua danza il mondo degli uomini, araldo che proclama a tutti: risvegliatevi, celebrate la vostra felicità>>. Non si trattava dunque di godere di una compagnia scelta o di chiacchiere colte, bensì di vivere gioiosamente come membri di una comunità armoniosa. Nel Giardino uomini, donne, schiavi, bambini e anziani erano i benvenuti e venivano trattati allo stesso modo, giacché il filosofo non è colui o colei che ama la saggezza, bensì chiunque aspiri alla felicità quale bene supremo, in grado oltretutto di condurre alla saggezza.

Epicuro ammetteva che, in una simile ricerca, l’amicizia poteva darsi per necessità o per convenienza. Ma argomentava che non abbiamo bisogno dell’aiuto dei nostri amici quanto piuttosto della convinzione di quell’aiuto, perché solo lo scambio di affetti e di pensieri ci garantisce pace e sicurezza.

Inoltre fare filosofia con gli amici ci può aiutare a capire che una vita felice non è governata da piaceri eccessivi: secondo Epicuro, il vero godimento consiste nell’assenza del dolore fisico e dell’inquietitudine spirituale, e tutto ciò che lenisce la sofferenza è un piacere naturale e necessario. Sappiamo che Epicuro era abbastanza frugale e che un poco di pane e acqua erano sufficienti a colmare i suoi bisogni e ad appagarlo. Malgrado ciò, a volte si permetteva qualche capriccio: <<Mandami un piattino di formaggio>> chiedeva ad un amico, <<perché possa concedermi un banchetto di lusso quando voglio>>.

Per Epicuro questi piccoli piaceri, come una bevanda fresca o un calice di vino durante i pasti, erano naturali pur non essendo necessari, e perciò ammessi. Al contrario, non trovava naturali né necessari eccessi come i lauti banchetti che, alla lunga, risultavano nocivi. Nutriva un analogo pensiero riguardo l’ansia di potere, fama o ricchezze. <<Se vuoi rendere ricco Pitocle>> consigliò una volta, <<non aggiungere qualcosa a ciò che possiede ma sottrai qualcosa a ciò che desidera>>, perché chi non riesce ad accontentarsi di poco non si accontenta di niente e precipita in un baratro di sofferenze. Il Giardino offriva quindi un riparo lontano dal <<viavai di sensazioni>> della città, soprattutto in quel periodo di guerra e calamità in cui Atene s’impoveriva sempre più a ogni invasione o rivolta. Insomma, quel <<vivere nascosto>> che sosteneva Epicuro era alla base della ricerca di una società più giusta: non bisognava limitare solo i piaceri (già contenuti per principio), bensì soprattutto i desideri che, tiranni dell’anima, causano dolore a sé stessi e agli altri, perché s’impongono su ogni cosa.

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UN FILOSOFO DIFFAMATO – I NEMICI DEL GIARDINO

Le malelingue misero in circolazione voci di ogni sorta sul conto di Epicuro, che avrebbe partecipato a orge, vomitato due volte al giorno per poi abbandonarsi agli eccessi o spinto il fratello minore alla prostituzione. I suoi più acerrimi nemici furono i filosofi stoici, difensori della virtù e dell’autocontrollo mediante le pratiche ascetiche. Uno di loro, Diotimo, si spinse a redigere 50 lettere oscene e a farle circolare sotto il nome di Epicuro pur di macchiarne la reputazione. Anche agli occhi dei cristiani Epicuro fu un pericoloso “deificatore” del piacere sensoriale. Clemente di Alessandria diceva: <<Epicuro solo dimenticherò e volentieri, il quale crede, nella sua estrema empietà, che nulla stia a cuore a Dio>>.

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SESSO, AMORE, AMICIZIA

Epicuro operava una chiara distinzione tra il puro piacere sessuale e la passione amorosa. Nel primo caso si potrebbe affermare che il sesso sia un desiderio che risponde a una necessità naturale, e che il piacere da esso procurato sia simile a quello ottenuto nel saziare la fame o nel placare la sete. È lecito, anche se non necessario, gioire per un bel corpo nello stesso modo in cui si assapora del buon cibo o si considerano gradevoli un movimento sinuoso o un suono melodioso. È però un errore ossessionarsi all’idea che una persona in concreto, e solo lei, sazierà il nostro desiderio, perché la passione amorosa non avrà mai fine. Per questa ragione Epicuro diceva che il saggio non deve mai innamorarsi. Tuttavia per il filosofo esisteva l’amore autentico, che si basa sull’amicizia, sulla fiducia e sul rispetto. Un simile sentimento è fondamentale per raggiungere la pienezza e la soddisfazione personale.

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