PERSONALITÀ HUMOUR ENTUSIASMO
PERSONALITÀ HUMOUR ENTUSIASMO
“Per parlare in pubblico non occorre sviluppare nuovi aspetti della nostra personalità, ma solo rimuovere gli ostacoli che ci rendono poco naturali”.
Personalità
Per parlare in pubblico non occorre inventarci una nuova personalità, ma solo essere spontanei. Oggi qualsiasi tipo di uditorio vuole che l’oratore sia se stesso e si esprima con naturalezza, proprio come se fosse davanti a un gruppo di amici. Solo così si riuscirà a far cadere quella barriera tra relatore e uditorio che rende poco partecipativa, e di conseguenza poco comunicativa, la presentazione.
Ogni persona che parla in pubblico deve caratterizzarsi per i propri tratti personali: humour, entusiasmo, sicurezza, timidezza sono tutte peculiarità che non possono essere cancellate e che dovrebbero invece essere esaltate.
In quasi tutti i corsi di formazione, mentre esaminiamo le capacità comunicative dei partecipanti suggerendo, ad esempio, miglioramenti per ottenere un più efficace contatto visivo, ci viene regolarmente chiesto: “Ma non è che imitando tutti lo stesso copione (contatto visivo, gestualità, postura ecc.) si finisca con l’apparire delle marionette, tutti uguali?” La domanda è più che lecita, perché nel momento in cui ci si adegua a dettami comportamentali nasce il timore di perdere le nostre più grandi qualità: perdere, cioè, l’unicità e l’irripetibilità delle nostre caratteristiche personali.
A questa domanda rispondiamo pertanto leggendo un brano di Dale Carnegie, capostipite della comunicazione moderna, l’autore che più ha influito sullo sviluppo delle nostre idee e convinzioni sul parlare in pubblico. Abbiamo chiamato questo brano “Inno alla personalità”: <<non esistono due uomini assolutamente uguali. Un giovane dovrebbe cercare quella scintilla di individualità che lo rende diverso da tutti gli altri e svilupparla quanto più è possibile. La società è la scuola tenderanno ad appiattirla e cancellarla… Ma non lasciate che quella scintilla vada perduta: è l’unico reale attributo importante. Tutto ciò vale doppiamente per l’eloquenza efficace>>.
A questo punto dobbiamo chiarire che modificare dei comportamenti per rendere più efficace la comunicazione non significa cambiare la nostra personalità. Per esempio, la timidezza di un oratore può sembrare un elemento che crea difficoltà nel parlare in pubblico, né un corso di comunicazione può risolvere il problema. Un buon formatore potrà però rassicurare la persona, facendole presente che una timidezza ben gestita è percepita favorevolmente dell’uditorio. In effetti, noi preferiamo un oratore un po’ timido rispetto a uno troppo sicuro e quasi spavaldo, purché la timidezza sia gestita positivamente. Così si può essere timidi ma avere un buon contatto visivo, perché è facile migliorare il contatto visivo. Si può essere timidi ma avere un’ottima postura in sala: nulla vieta che ci si possa porre al centro della sala con testa alta e spalle erette. Per concludere: la timidezza può essere una qualità umana che con qualche ritocco sul comportamento individuale non limita l’efficacia comunicativa.
La propria personalità esibita con naturalezza è una delle carte vincenti di un buon relatore. Ne deriva che ogni oratore deve essere cosciente degli aspetti vincenti della propria personalità e fare forza su queste caratteristiche quando si trova di fronte al proprio uditorio. Per esempio, se una persona è caratterizzata da un luminoso e accattivante sorriso, deve cercare di non soffocarlo di fronte al pubblico. Purtroppo la tensione tende a inibire anche le nostre migliori qualità, trasformando persone disinvolte e aperte in personaggi chiusi e bloccati. Le riprese televisive di “role playing” realizzate durante i corsi di formazione rappresentano un ottimo specchio per i partecipanti, che possono valutare con occhio esterno la loro metamorfosi di fronte alla platea.
Possiamo concludere con un chiaro postulato: le tecniche comunicative servono a rafforzare l’efficacia della comunicazione, ma devono essere interpretate e legate alla propria personalità.
L’importanza del rispetto della propria personalità trova un’ottima conferma nel libro di Mandino (The greatest salesman in the world, 1975) che afferma: <<Sono il più grande miracolo della natura>>:
<<Sin dalle origini del mondo non c’è stato nessun altro con la mia mente, il mio cuore, i miei occhi, le mie orecchie, le mie mani, i miei capelli, la mia bocca. Nessuno prima di me, nessuno oggi vivente, e nessuno dopo di me può camminare, parlare, muoversi e pensare esattamente come me. Tutti gli uomini sono miei fratelli ma io sono diverso da ciascuno di loro. Sono una creatura unica. Sono il più grande miracolo della natura… Non farò mai più vani tentativi di imitare gli altri. Viceversa farò risaltare la mia unicità… Inizierò ad accentuare le mie differenze, nascondere le mie similarità… Io sono una creatura unica>>.
Humour
Il rischio è che il terzo dei partecipanti non la capisca, un terzo la capisca ma riconosca che è una vecchia storiella, un terzo la capisca, la riconosca come nuova, ma si chieda che cosa c’entri quella storia con la conferenza o la riunione. A volte c’è un partecipante che si esibisce in una piacevole risata, ma lo fa solo per una sorta di compatimento, nel tentativo di scongelare l’ambiente. Una situazione come questa finirà col rendere ancora più gelida l’atmosfera di partenza.
Molto spesso le presentazioni a un gruppo sono private del senso dell’humour, anche quando l’oratore è una persona dalla battuta facile, perché la componente nervosa e l’importanza attribuita all’argomento sembrano dire al subconscio: “Questa presentazione è troppo importante, devo essere serio ed evitare il mio solito umorismo!”. Niente di più sbagliato: l’umorismo ha una forte comunicativa, perché serve a risvegliare l’attenzione dell’uditorio e a vivacizzare la riunione, purché si tratti di una naturale e spontanea espressione della personalità dell’oratore. Chi non è dotato di senso dell’umorismo rischia infatti di essere patetico, se tenta di recitare un ruolo che non gli appartiene.
Ma anche chi possiede uno spiccato senso dell’umorismo deve stare attento a inserirlo con spontaneità nella presentazione. Soprattutto deve capire quanto è il momento giusto per la battuta, come ben sanno i grandi “barzellettieri”. Ci sono infatti barzellette molto esilaranti che vengono “bruciate” perché raccontate al momento sbagliato, quando l’ambiente è ancora freddo e formale. Al contrario, vi sono storielle di una stupidità assoluta o vecchissime che, se raccontate al momento giusto, riscuotono un grande successo.
Così un bravo oratore deve avere l’accortezza di non affrontare le gelide fasi d’apertura di una riunione raccontando la solita storiella con stile tipicamente americano falsamente informale.
Riassumendo, possiamo fare quattro raccomandazioni circa l’uso dell’umorismo nelle presentazioni:
1. ricorrere all’umorismo solo se è parte integrante della nostra personalità. Se non ci riesce, meglio evitarlo: la riunione va avanti lo stesso;
2. utilizzarlo liberamente in ogni situazione che si presenta, ricordando che le migliori battute sono sempre spontanee;
3. se il copione prevede una barzelletta o un simpatico aneddoto occorre che siano inseriti in un contesto logico per rafforzare il messaggio (“Parlando di pregiudizi… vi ricordate la storiella di Mario e della sua bicicletta?…”);
4. evitate di aprire la riunione facendo dell’umorismo. La fase di apertura deve essere mirata sugli obiettivi; è una fase nella quale stiamo costruendo la nostra credibilità professionale e l’ambiente non è abbastanza disinibito per accogliere una battuta.
Entusiasmo
“Se il nostro obiettivo è convincere, dobbiamo preoccuparci più di stimolare emozioni che di cercare la soluzione nella fredda razionalità”.
Vi siete mai chiesti perché un discorso che viene letto è così deprimente? La lettura fa perdere ogni spontaneità, impedisce la gestualità e il contatto visivo, ma soprattutto appiattisce l’entusiasmo, a meno che il lettore non abbia fatto dei corsi di filodrammatica.
L’entusiasmo è l’autentica forza della comunicazione: si dice infatti che parliamo con la mente ma comunichiamo col cuore. Avere entusiasmo significa trasmettere all’uditorio la convinzione della validità di ciò che stiamo dicendo. Come dice Carnegie: <<In un discorso c’è qualcosa di più delle mere parole: il tono con cui vengono pronunciate. Non è tanto e soltanto ciò che dite, ma come lo dite>>.
L’entusiasmo porta con sé energia che viene trasmessa attraverso il linguaggio non verbale (gestualità, tono di voce, contatto visivo ecc.), ma che si traduce anche in energia mentale. La strada dell’entusiasmo si percorre solo se crediamo nel nostro discorso al punto da esserne emotivamente coinvolti: soltanto a queste condizioni possiamo sperare che anche l’uditorio ci creda.
L’entusiasmo deve nascere dall’apertura, dalla convinzione e dall’energia con cui diamo il via al discorso: dobbiamo essere coscienti che per iniziare una presentazione occorre una certa carica agonistica, evitando l’errore comune a molti relatori che, intimoriti, sembrano salire sul patibolo.
La tabella che segue rappresenta una sintesi dei suggerimenti forniti su personalità, humour ed entusiasmo.
Personalità – humour – entusiasmo
“Per parlare in pubblico non occorre sviluppare nuovi aspetti della nostra personalità, ma solo rimuovere gli ostacoli che ci rendono poco naturali” [Dale Carnegie]
1. Identificare gli aspetti vincenti della vostra personalità ed esprimeteli appieno.
2. Utilizzate il vostro humour spontaneamente, integrandolo nella presentazione.
3. Trasmettete con entusiasmo la vostra convinzione.
4. Attenti allo humour in apertura.