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Massimo Gallo

Filosofia

Statua del filosofo greco Tucidide davanti al palazzo del Parlamento, Vienna (Austria)
Statua del filosofo greco Tucidide davanti al palazzo del Parlamento, Vienna (Austria)

LA FILOSOFIA IN RAPPORTO ALLE ALTRE FORME DEL SAPERE

La filosofia

     La parola “filosofia” è di origine greca e significa “amore per il sapere” (dal greco phìlia, “amica”, e sophia, “sapere”). Uno dei primi testi scritti dove il termine compare in tale accezione sono le Storie di Tucidide, in cui Pericle esalta gli Ateniesi come un popolo che ama il sapere. La filosofia, come philìa, rappresenta di conseguenza l’aspirazione, l’esigenza, l’amore del sapere, che è appunto la sophìa, un’attività intellettuale di ricerca, di indagine, di riflessione, tendente, appunto al sapere, ossia a conoscere la verità intorno al mondo, alla vita, all’uomo stesso.

     Per questo suo carattere, originariamente la filosofia si confonde con le scienze; essa le comprende tutte in se stessa come sue interne articolazioni. La ricerca della verità nel mondo ellenico in cui nasce la filosofia è infatti scienza e filosofia insieme, dal momento che ciascuna scienza non ha ancora determinato e circoscritto il proprio oggetto e non ha elaborato il proprio metodo.

     La filosofia, man mano che si va storicamente precisando, si afferma progressivamente come un sapere che va oltre le scienze; queste vanno infatti suddividendo la realtà nei suoi aspetti particolari, facendo di ciascun aspetto l’oggetto della propria, determinata ricerca, mentre la filosofia si pone sempre al di là delle ricerche particolari e dei loro specifici contenuti. Si può dire, pertanto, che la ricerca filosofica comincia là dove finisce la ricerca scientifica, nell’esigenza di attingere verità ultime, radicali e universali, anche se viene a mancarle ciò che è l’elemento essenziale della ricerca scientifica, ossia il ricorso all’esperienza e la verifica mediante l’esperimento. L’oggetto della filosofia si va stabilendo così in ciò che non è sperimentalmente verificabile ed empiricamente reperibile. Ma ciò non significa che essa prescinda dall’esperienza e rigetti così ogni verifica: anche la filosofia ha un’esperienza alla quale attinge e un procedimento di verifica delle sue affermazioni.

L’oggetto della filosofia

     L’esperienza cui fa ricorso la filosofia è l’esperienza della vita, con cui essa ha un legame strettissimo. Di qui la concezione della filosofia stessa come “scienza della vita”, nel senso che essa ricerca le ragioni prime, le motivazioni profonde, i fini ultimi dell’esistenza. Cicerone la definì ars vitae, volendo intendere che ad essa spetta il compito di dirigere la vita e di disciplinarla assoggettandola a principi razionali.

     Il richiamo alla razionalità per caratterizzare la ricerca filosofica indica che la filosofia ha come suo strumento la ragione, l’attività del pensiero, il discorso mentale. E tuttavia la ragione è immancabilmente operante in qualsiasi ricerca e non soltanto in quella filosofica: anche le scienze sono fondate sull’attività della ragione. Deve esserci, dunque, un modo specifico con cui la filosofia adopera la ragione. Nelle scienze la ragione si applica ai dati dell’esperienza; li ordina, li classifica, ne determina le costanti e le variabili e formula ipotesi per spiegare la loro costanza e la loro variabilità. Queste ipotesi le verifica ricorrendo all’esperimento, ossia alla riproduzione controllata dei fenomeni che sono oggetto della sua indagine. Anche la filosofia formula delle ipotesi e compie una verifica della loro validità, solo che queste ipotesi non si riferiscono a fenomeni particolari, isolabili e circoscrivibili, ma a quelli in cui è implicato il soggetto stesso che li pone in questione e li problematizza, quali sono appunto i fenomeni della vita, che non stanno dinanzi a noi, come gli oggetti su cui indaga lo scienziato, ma nei quali noi stessi ci troviamo dentro, per cui decidendo di essi decidiamo anche di noi stessi.

     L’oggetto della filosofia dunque non si identifica con alcun oggetto particolare, che possa essere osservato esteriormente, e verificato sperimentalmente, ma con uno nel quale tutti gli oggetti particolari si risolvono e sono compresi. Questo oggetto è la realtà nella sua totalità, della quale la filosofia ricerca appunto una spiegazione radicale, una giustificazione assoluta. In questa realtà siamo compresi noi stessi e pertanto la filosofia si configura come ricerca del senso, del significato, della nostra umana realtà in seno alla realtà tutta di cui facciamo parte. Questo oggetto onnicomprensivo, universale, totale si può chiamare l’essere, a patto che non si intenda tale soltanto la realtà che ci sta davanti, ma quella in cui siamo inclusi, dentro la quale esistiamo e operiamo.

     L’oggetto della filosofia si può considerare dunque l’essere nella sua universale comprensività, in cui rientra la nostra vita. Ricercare il senso dell’essere significa, dunque, anche ricercare il senso della nostra vita. Ecco perché si dice anche che la filosofia è scienza dell’uomo e della vita. Ma non ovviamente dell’uomo assunto nelle sue determinazioni naturali e della vita considerata come fenomeno biologico o come avvenimento storico, ma della vita nella sua espressione radicale, della quale viene richiesto il significato iniziale e finale, il senso più profondo. La filosofia aspira con ciò a conoscere il rapporto che esiste tra la realtà umana e la realtà della natura, di cui l’uomo fa parte, domanda di sapere qual è l’origine del reale e della vita, quali sono le leggi che governano l’uno e l’altra, ricercandone la ragione assoluta e non la ragione relativa, che è l’oggetto delle varie ricerche scientifiche.

     Presa in quest’ultimo significato la filosofia assume una specifica denominazione e configurazione: si chiama metafisica, ossia ricerca dei principi primi e, in ultima analisi, del principio della realtà. Il termine metafisica deriva dalle parole greche metà (dopo) e phyusis (natura) e fu adoperato da uno studioso del I secolo a.C., Andronico di Rodi, il quale, ordinando le opere del grande filosofo greco Aristotele, pose i libri che riguardavano lo studio dell’essere in generale dopo quelli che riguardavano lo studio degli esseri particolari, chiamandoli tà metà tà fiusicà.

   Come ricerca del principio della realtà e del senso della vita la filosofia risponde ad esigenze alle quali ha risposto e risponde ancora la religione. Infatti Cicerone la chiamò oltre che ars vitae, anche scientia humanarum et divinarum rerum, intendendo, appunto, che nella ricerca filosofica sono implicati gli stessi principi su cui si fonda la religione. Anche la religione offre, infatti, una concezione della realtà, una spiegazione della vita e un insieme di norme per la condotta umana. E tuttavia la religione non è la filosofia: quale differenza c’è dunque tra l’una e l’altra?

     La religione, come la filosofia, è affermazione di principi primi, considerazione di verità assolute. Ma quei principi e queste verità sono fondati sull’attività fantastica dell’uomo, come nelle religioni mitologiche, o sulla fede di una rivelazione della verità da parte di Dio, come nella religione cristiana. La filosofia invece non ricorre né alla fantasia né alla fede, ma si avvale unicamente dell’attività razionale, del pensiero logico. Quei principi la filosofia vuole giustificare e dimostrare, affermarli, cioè, ricorrendo a prove razionali: la filosofia, dunque, aspira a dimostrare la verità, ossia a giustificarla razionalmente. Le scienze, come abbiamo detto, dimostrano, ricorrendo all’esperimento, perché il loro oggetto è particolare; ma l’oggetto della filosofia, per la sua universalità, non è suscettibile di sperimentazione. Eppure la filosofia, non meno delle scienze, vuole provare e dimostrare. Come dimostra e prova?

     Le dimostrazioni della filosofia sono puramente razionali, ossia fondate sull’attività pura della ragione, prescindendo dal ricorso a qualsiasi sperimentazione. La verifica, la prova, si effettua all’interno della stessa razionalità, mediante un controllo applicato alla coerenza logica delle proposizioni di cui si struttura il discorso filosofico. Questo controllo avviene dunque all’interno del pensiero, senza ricorrere a procedimenti che stiano al di là del pensiero stesso. Lo strumento di verifica delle affermazioni filosofiche è perciò il ragionamento, ossia il confronto dei concetti, la verifica, in altri termini, dei concetti mediante i concetti.

I problemi della filosofia

     Qual è il fine della filosofia? Perché l’uomo fa filosofia? Da quel che abbiamo detto appare evidente che lo scopo della filosofia è la conoscenza delle verità ultime, definitive, esaustive, la ricerca di una risposta, che non ammette altre domande, il rinvenimento di un perché della realtà, che chiuda la serie dei perché con cui rispondiamo alle domande che ci poniamo intorno alla realtà e alla vita. Come scienza il cui fine essenziale è la conoscenza, la filosofia è una scienza speculativa o teoretica: essa domanda in primo luogo una visione (teoria) della verità. E tuttavia il suo compito non si arresta qui: l’uomo fa filosofia, ricerca, cioè, la verità, per trarre da essa un orientamento per la propria esistenza; dal concetto della vita non possiamo non trarre infatti anche una norma per la vita. Di conseguenza la filosofia ha anche un aspetto pratico, ossia relativo all’azione, alla condotta. La filosofia aspira anche a stabilire i principi cui debbono ubbidire le nostre azioni, ossia le norme che debbono dirigere la nostra volontà, affinché si determini come volontà del bene. Considerata sotto questo aspetto, la filosofia si attua come etica (da ethos = costume) o filosofia morale. Essa aspira con ciò a decretare che cosa sia degno di essere voluto, ossia che cosa dobbiamo fare e, meglio ancora, che cosa dobbiamo essere. Da scienza dell’essere si risolve quindi in scienza del dover essere, ossia, come più propriamente si dice, in dottrina deontologica.

     La filosofia si articola in tanti problemi, che sono appunto i “problemi della filosofia“. Ciascuno di essi non ha oggetto particolare, perché l’oggetto della filosofia è sempre universale, ma un contenuto specifico, nel senso che si tratta sempre dell’unico oggetto della filosofia considerato da uno specifico angolo visuale, ossia dal punto di vista di un aspetto determinato della realtà, da quello di una specifica attività della nostra vita. L’etica, di cui abbiamo parlato, rappresenta uno dei problemi della filosofia, il problema morale appunto.

     Di qualunque aspetto della realtà e della vita si possono ricercare i primi principi e le motivazioni assolute; da ciò derivano le diverse specificazioni della filosofia. All’indagine filosofica non si sottrae nemmeno la stessa attività del pensiero che indaga: la filosofia aspira a dare una giustificazione anche dei procedimenti del pensiero, mettendo in questione e ricercando i principi in virtù dei quali pensiamo e ragioniamo. Di qui la logica (da logos = discorso, pensiero), la quale studia i procedimenti del pensiero e le forme del ragionamento. Ma il pensiero è sempre pensiero di qualche cosa, ossia è conoscenza. Questa, a sua volta, presuppone un conoscente e un conosciuto, un soggetto e un oggetto. In che rapporto stanno l’uno con l’altro? Come avviene che qualche cosa sia conosciuta? Che cosa ci consente di affermare come vero ciò che è conosciuto? Su che si fonda la verità delle nostre conoscenze? Ponendosi queste domande, la filosofia fa oggetto della propria considerazione, nella richiesta di addivenire ad una spiegazione assoluta, quell’attività che è la nostra conoscenza: è questo uno dei fondamentali problemi della filosofia, quello del conoscere (o problema gnoseologico).

     Ma di ogni attività la filosofia domanda una spiegazione radicale: di qui altre specificazioni. Qualora essa faccia oggetto della propria considerazione l’attività umana, mediante la quale riconosciamo o produciamo la “bellezza”, si ha la filosofia del bello, dell’arte, ossia l’estetica. Il problema estetico tratta insieme del bello e dell’arte: dove nasce l’idea del bello? In virtù di che cosa ci pronunciamo sulla bellezza di un oggetto naturale o artistico, ossia formuliamo dei giudizi estetici? A queste domande risponde appunto l’estetica.

     La filosofia fa anche oggetto della sua considerazione l’attività dove l’uomo fa le leggi e si domanda dove nasce e su che cosa si fonda l’idea della giustizia. È un’idea originaria, insita nella natura umana, o è un’idea che si va formando nella storia umana e da essa dipende? È questa la filosofia del diritto, come ricerca appunto delle motivazioni assolute del diritto e del fondamento primo delle leggi. La stessa storia è oggetto della considerazione filosofica: la storia, ossia la vicenda umana attraverso il tempo, ubbidisce a delle leggi? Ha un significato per l’uomo? Qual è il suo significato? A queste domande risponde la filosofia della storia, che è appunto la considerazione della storia nella sua universalità, nelle sue significazioni assolute, nelle sue motivazioni più profonde, ossia metafisiche.

     Allorché la filosofia fa oggetto della sua indagine l’attività con cui si promuove l’umanizzarsi del singolo uomo, si ha la filosofia dell’educazione o pedagogia. A quali principi deve ubbidire l’educazione? In che propriamente consiste? Che cosa deve essere insegnato perché l’uomo si faccia sempre più compiutamente uomo? A queste domande risponde appunto la pedagogia come filosofia dell’educazione.

     Ma qual è l’elemento comune ad ogni problema filosofico? Che cosa fa sì che una ricerca specifica e determinata si configuri come ricerca filosofica? Se si riflette su quanto abbiamo detto, appare evidente che il carattere di “filosoficità” di ogni ricerca determinata consiste nella radicalità della domanda da cui essa prende avvio. Si cerca in ogni caso una giustificazione assoluta, radicale, ossia una giustificazione metafisica. Di conseguenza appare evidente che la metafisica, di cui abbiamo parlato all’inizio, non è solo uno specifico problema filosofico, ma è anche la forma unica di ogni considerazione filosofica. Da qualunque aspetto della realtà e della vita si muova, si fa filosofia nella misura in cui si vuole approdare a una soluzione metafisica, a una giustificazione assoluta e radicale. La metafisica è dunque l’essenza stessa della filosofia.

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